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di Thich Nhat Hanh con Non dire che domani scomparirò,perché io arrivo sempre. Guarda in profondità: io arrivo ogni secondo,per essere un germoglio sul ramo a primavera;per essere un minuscolo uccellino con le ali ancora fragiliche impara a cantare nel suo nido; per essere un bruco nel cuore di un fiore,per essere un gioiello che si nasconde in una pietra.Io arrivo sempre, per ridere e per piangere,per temere e per sperare. Il ritmo del mio cuore è la nascita ela morte di tutto ciò che è vivo.Io sono un insetto che muta la sua forma sulla superficie di un fiume. E io sono l’uccello che, a primavera, arriva a mangiare l’insetto.Io sono una rana che nuota felice nell’acqua chiara di uno stagno.E io sono il serpente che, avvicinandosi in silenzio, divora la rana.Sono un bambino in Uganda, tutto pelle e ossa, le mie gambe esili come canne di bambù,e io sono il mercante di armi che vende armi mortali all’Uganda. Io sono la bambina dodicenne profuga su una barca,che si getta in mare dopo essere stata violentata da un pirata.E io sono il pirata, il mio cuore ancora incapace di vedere e di amare.Io sono un membro del Politburo, con tanto potere a disposizione. E io sono l’uomo che deve pagare il ‘debito di sangue’ alla mia gente,morendo lentamente in un campo di lavori forzati.La mia gioia è come la primavera, così splendente che da sbocciare i fiori su tutti i sentieri della vita.Il mio dolore è come un fiume in lacrime, così gonfio che riempie tutti i quattro oceani. Per favore chiamatemi con i miei veri nomi,cosicché io possa udire tutti i miei pianti e tutte le mie risa insieme;cosicché io possa vedere che la mia gioia e il mio dolore sono una cosa sola.Per favore chiamatemi con i miei veri nomi,cosicché io mi possa svegliaree cosicché la porta del mio cuore sia lasciata aperta,la porta della compassione. FB MoviMente
Chiamami con i miei veri nomi Leggi tutto »
primavera Cinque stagioni, un tempo circolare destinato a ripetersi all’infinito, scandito ogni dieci anni da una porta di legno che si apre cigolando, disvelando il laghetto sul quale fluttua un piccolo tempio buddista galleggiante. Una porta metaforica che separa una dimensione ascetica, spirituale immersa in una natura di impervia bellezza, dalla corruzione del mondo, della vita mondana. Mezzo secolo è necessario affinché il protagonista – prigioniero di conflitti interiori, passioni e istinti – compia il percorso di crescita, caduta, espiazione e ascesa che lo condurrà alla saggezza. Dalla primavera dell’infanzia – ossimoricamente innocente e crudele – in cui il bambino viene educato con pazienza e dedizione da un monaco al rispetto di tutti gli esseri viventi e agli altri valori buddisti, all’estate dell’adolescenza, in cui gli istinti e le passioni esplodono prepotentemente, trascinando il giovane protagonista nella cruda realtà del mondo urbano; dall’autunno dei pensieri mortali e dell’attaccamento che originano ossessione, colpa e pena, all’inverno del ritorno alla spiritualità e della quiete raggiunta portando a compimento una sorta di cammino catartico; per tornare infine al disgelo della primavera in cui la vita della natura e il tempo ricominciano a fluire con un bimbo abbandonato che verrà educato nel piccolo tempio galleggiante. Le azioni del monaco e quelle del suo discepolo appaiono sospese fuori dal tempo, in una dimensione altra in cui la fatica di vivere viene affrontata dal regista coreano Kim Ki-Duk nella sua essenza primigenia, mostrando come la mente dell’uomo sia inquinata, offuscata da desideri, sentimenti, emozioni che se non dominati non possono che creare sofferenza. Il concetto di karma è magistralmente illustrato dal pesante masso che il bambino prima e il giovane uomo poi, sono chiamati a trascinare, espressione inequivocabile di come ognuno di noi debba farsi carico delle proprie azioni, delle proprie responsabilità e degli effetti che ne derivano. Con uno stile narrativo semplice, seppur tutt’altro che scontato, poetico e nel contempo sconcertante nei momenti di maggior tensione, Kim Ki-Duk ha dato vita a un’opera cinematografica inusuale e per ciò stesso grandiosa, in cui il silenzio – tradotto per gli spettatori in musica dai ritmi sacri – e i gesti sono spesso più eloquenti di mille parole. Velda A. FB counseling primavera
Primavera, estate, autunno, inverno e ancora primavera Leggi tutto »