SCAMBI DI FOCUSING


di E.T. Gendlin, Ph.D., Università di Chicago Gendlin, E.T. (1987).
Focusing partnerships. The Focusing Folio6(2), 58-78
Traduzione di Maria Emanuela Galanti, Laura Talamoni, Roberto Tecchio
Testo originale alla pagina web http://previous.org/gendlin/docs/gol_2063.html

Lo schema di scambio settimanale con una partner di Focusing (o di qualsiasi altra attività di aiuto) si è sviluppato abbastanza, tanto che è diventato una struttura regolare che possiamo descrivere e offrire. Vorrei descriverne la storia, i principi, la struttura e le nostre esperienze, compresi alcuni problemi.

Negli ultimi anni sono rimasto colpito dal fatto che molti di noi hanno regolari partnership di Focusing – eppure questo fenomeno non è largamente conosciuto e incluso come parte integrante della conoscenza del Focusing.

Molte persone hanno una partnership di Focusing. Alcuni si incontrano una volta alla settimana per un’ora, altri più spesso. Alcuni lavorano nello stesso ambiente e si dividono un tempo più breve tra loro, ogni giorno. Certe partnership avvengono per lo più al telefono, anche tramite telefonate a lunga distanza.

Credo che ora il modello di partnership dovrebbe entrare a far parte di tutta la nostra formazione e delle nostre procedure regolari. È già da qualche anno che la rete tedesca di Focusing l’ha istituita.

Da tempo abbiamo scoperto che, sebbene focalizziamo da soli per la maggior parte del tempo, aiuta notevolmente avere una partner regolare una volta alla settimana o più spesso.

L’anno scorso ho proposto che i trainers di Chicago formassero partnership tra loro. Hanno pensato che il mio suggerimento fosse strano e fuori luogo; per un po’ non ho capito perché. L’ho capito quando ho saputo che avevano già partnership, alcune delle quali duravano da anni. Pensavano che gli stessi proponendo di avere nuove partners, e naturalmente non era appropriato che lo facessi, ma non sapevo che avessero già delle partners! Perché non ne parliamo di più? Mi sono anche reso conto che non sapevano – non glielo avevo detto – che una di loro è stata mia partner per alcuni anni. Una volta che si ha una partnership, c’è la tendenza a mantenerla privata. Molto bene. Ma abbiamo bisogno di sviluppare la partnership in un modello comprensibile pubblicamente. Ho capito che dobbiamo parlare e scrivere di più sul nostro modello di partnership.

Spiegherò in seguito perché ritengo che un modello di partnership noto al pubblico sia vitale per il Focusing e per la società. Esso pone anche alcune interessanti questioni pratiche e teoriche. Ma prima vorrei raccontare un po’ di storia e presentare i due elementi essenziali del modello di partnership.

1. Una breve storia

Dal 1969, quando l’organizzazione chiamata CHANGES (1) ha avuto inizio a Chicago, abbiamo formato le persone all’ascolto centrato sul cliente e, più recentemente, al Focusing. Molte persone hanno focalizzato e si sono ascoltate a vicenda. È stato a lungo il nostro modello quello di avere un grande incontro CHANGES una volta alla settimana, in cui l’ascolto era una delle tante attività. Ogni domenica in quelle occasioni chiedevo a qualcuno di ascoltarmi. Alcune persone organizzavano anche dei momenti di ascolto durante la settimana.

L’organizzazione CHANGES continua e ha ancora questo schema di ascolto. Si tratta di uno schema regolare e comprensibile: ci si avvicina a qualcuno e si chiede “Ho bisogno di un po’ di tempo per essere ascoltato, saresti disposto a farlo? Resta inteso che la persona interpellata potrebbe essere d’accordo o meno e potrebbe anche chiedere la stessa cosa in cambio, oppure no. Nel modello generale di CHANGES c’è anche la possibilità di alzarsi in piedi nella riunione e chiedere o offrire qualsiasi cosa, compreso il tempo di ascolto.

In questo schema la reciprocità non è stata considerata. Potreste essere disposti ad ascoltare qualcuno, ma poi chiedere a un’altra persona di ascoltarvi. Gli accordi di ascolto vengono presi di nuovo ogni volta. Fatto sta che avevamo questo modello stabile e ben noto.

Uno schema ben definito e compreso è importante. Consente a qualsiasi persona di chiedere e di offrire. Senza un modello noto un individuo deve inventare una modalità e poi convincere qualcuno che quella cosa ha senso. Quasi nessuno ha la forza e l’energia per farlo – e men che meno quando si ha più bisogno di essere ascoltati. D’altra parte, se esiste un modello ben noto, allora non è difficile invitare qualcuno.

Per qualche tempo, negli anni settanta, molti di noi hanno sperimentato lo schema RC ideato da Harvey Jackins e dal suo gruppo di Re-evaluation Counseling. Da allora, anche se CHANGES continua nella sua modalità, la maggior parte delle persone che fanno Focusing hanno preso molto dallo schema della partnership RC. Sembra migliore sotto diversi punti di vista. Piuttosto che creare ogni volta un nuovo accordo, questo dura alcuni mesi o per tutto il tempo che le partners desiderano. Si tratta di un modello a doppio senso; è assolutamente chiaro che il tempo disponibile è diviso a metà e condiviso equamente. Ogni persona è sia ascoltatore che ascoltato. Lo schema prevede anche alcune regole. Tornerò su queste regole più tardi. Abbiamo ampliato il modello RC, come descriverò.

La D.ssa Ann Weiser, che è stata a lungo nella nostra organizzazione CHANGES e per molti anni è stata una formatrice di Focusing, ha lavorato per un po’ tempo allo sviluppo del modello di partnership a San Francisco e alla raccolta di ciò che sappiamo delle partnership.

2. Due principi del modello di Partnership

a. La metà del tempo viene utilizzata e decisa da ciascun partner

Il primo principio del modello è che la persona è responsabile del proprio turno. Questo significa non solo che io sono responsabile del mio processo psicologico, ma anche di come voglio usare il mio tempo. La mia metà del tempo è per me. Non ho bisogno di usarlo per focalizzare o per ascoltare. Lo uso come voglio.

Nella mia metà del tempo potrei parlare di qualche situazione preoccupante e condividere qualcosa di privato. Potrei chiedervi di rispondere attivamente o potrei chiedervi di dirmi solo quando non mi seguite, in modo da poter ripetere qualcosa in altre parole. Potrei dire tutto quello che so su qualcosa o solo un po’. Potrei parlare di sentimenti profondi senza farvi sapere a quale situazione si riferiscono. Potrei focalizzare silenziosamente in parte o per tutto il tempo e volere solo la vostra attenzione tranquilla. Potrei non dire nulla o solo qualcosa su come sta andando la mia focalizzazione. Potrei accogliere o meno i vostri suggerimenti per guidare il mio processo. Potrei anche usare qualche altro metodo che ritengo possa aiutarmi. E se uso un metodo che non vi è familiare ve ne parlerei quanto basta, in modo che voi possiate imparare a tenermi compagnia nel modo di cui ho bisogno. Ma nel mio tempo potrei anche non fare nulla di psicologico. Potrei parlare di un problema di lavoro, raccontarvi una storia, parlare di politica o di qualche altro argomento che mi sta a cuore, leggervi una lettera che ho ricevuto o mostrarvi alcune fotografie.

Questo principio di base supera il carattere settario della maggior parte delle reti di auto-aiuto di oggi. Di solito è condiviso un solo processo e qualsiasi altra cosa è considerata fuori dai limiti. Il nostro modello ci permette di essere lì nella nostra interezza, invece che con la sola parte sotto al cappello del Focusing. Ci permette di usare e condividere tutte le nostre conoscenze sui processi utili e di imparare come possono andare insieme, senza mai forzare nulla l’una sull’altro.

Se qualcosa per te non fosse tollerabile, ovviamente non lo faresti con me; tuttavia nella mia metà del tempo non mi dirai come usare il mio tempo e non mi limiterai al Focusing o nel trattare certi problemi né in qualsiasi altra cosa.

Voglio sottolineare lo spirito totalmente condiviso di questo principio. 

Ovviamente non pretenderai di dirmi cosa fare durante il mio tempo, né io cercherei di decidere per te cosa dovresti fare con il tuo tempo. Qui “ovviamente” è importante! Non dovrei combattere o discutere per difendere il mio diritto ad usare il mio tempo come voglio io. Tu mi stai dando questo tempo, per me, non per qualche scopo specifico che tu valuti e approvi. Allo stesso modo, in qualsiasi momento del mio tempo, ovviamente non mi dirai cosa fare, cosa significa la mia esperienza o cosa dovrei fare in quel momento. Potresti darmi un suggerimento o farmi una domanda, ma solo se lo accogliessi con favore e prima mi chiederai se lo voglio. Ovviamente. E’ la mia metà del tempo. Allo stesso modo, durante il tuo tempo non ti dirò cosa fare. Non ti dirò di focalizzare o di parlare di problemi o di fare o non fare qualcosa. Sta a te decidere come usare il tuo tempo. Altrimenti il tempo è per qualche altro scopo e non tutto per te.

Se questo viene compreso, allora, quando inizia il mio turno, sento quanto sia invitante quel tempo – è tutto per me. Potrei sapere immediatamente di cosa ho bisogno e iniziare. Oppure potrei passare qualche minuto con una scansione, sentendo quello che mi piace, potrei parlare di questo ……, no, forse….., beh, forse prima focalizzo… fammi vedere……. E’ la sensazione [di lusso, NdT] che ho avuto quando ero un bambino con un quarto di dollaro in tasca nel negozio dove tutto costava solo cinque o dieci centesimi.

b. Tener conto esattamente della divisione del tempo

Il modello prevede di tener conto della divisione esatta del tempo e di fermare l’altra persona quando è scaduto. A seconda della situazione ciò può essere fatto in vari modi, ma le due persone si spartiscono il tempo in parti uguali.

All’inizio può sembrare “meccanico” e poco sensibile dividere e tenere traccia del tempo con questa precisione. Ma presto realizziamo che i processi del sentire profondo hanno il loro tempo, che non è il tempo dell’orologio e quindi possono incorporare abbastanza bene i limiti di tempo ordinari. Ho sperimentato che dividere due ore a metà, e anche dividere meno di 10 minuti, offre a ciascuno la possibilità di andare in profondità al proprio interno.

Tenere traccia del tempo è una parte vitale del modello. Se questo non fosse ben compreso, una persona potrebbe prendersi più della metà del tempo e all’altra non resterebbe che dire, educatamente, che per lei va bene. Non deve fare alcuna differenza se una delle partner è più premurosa o più turbata o è una persona importante o qualsiasi altra cosa. Inoltre, se non si divide il tempo equamente, alcune persone si preoccuperebbero costantemente di starsi prendendo più tempo della partner, non sarebbero in pace e si fermerebbero prima possibile.

C’è semplicemente bisogno di comprendere bene che il tempo è diviso a metà e se ne tiene conto. Se noto che potrei fermarmi, ma ho ancora tempo, allora il mio processo può approfondirsi. E anche se non ho bisogno di nient’altro – beh, ecco di nuovo quella sensazione di lusso: cosa mi piacerebbe fare nel tempo che mi resta?

3. Domande terapeutiche e pratiche rispetto alla partnership

a. Di cosa abbiamo bisogno

Inviateci le vostre esperienze di partnership! Abbiamo bisogno di almeno un Centro di raccolta a cui inviare le relazioni sulle esperienze e soprattutto sulle difficoltà. Alla fine ci aspettiamo anche di avere dei risultati utili da un simile Centro. Vi preghiamo di considerarci qui a Chicago come una centrale di questo tipo.

In ogni città abbiamo anche bisogno di regolari riunioni di consulenza sulle partnership dove le persone possano venire per consultarsi, ricevere più formazione, trovare una nuova partner o un terapeuta a pagamento, e altri tipi di aiuto e informazioni.

Quando queste offerte funzionano, allora possiamo aggiungerle alla struttura. Con una consulenza regolare e con un modo semplice di cambiare partner, si comprenderà bene questa parte della struttura di partnership, come è necessario che sia.

Potrebbero essere necessarie delle utili “regole”. Ad esempio, il modello di RC ha delle regole che impediscono in qualsiasi modo di trasformare una partnership in una relazione sessuale. Ne consegue che è meglio non scegliere come partner qualcuna con cui questa possibilità potrebbe facilmente verificarsi. D’altro canto ci domandiamo: la persona che è mia partner di vita può essere anche mia partner di Focusing? Non abbiamo abbastanza dati per rispondere a questa domanda.

Alcune persone hanno aggiunto in modo molto utile il modello di partnership alle relazioni amorose e di amicizia esistenti. Riguardo a ciò sarebbe molto utile se potessimo sapere come sono state superate le eventualità difficoltà.

Abbiamo anche bisogno di un modello regolare su come invitare qualcuno a diventare partner quando la persona non conosce il Focusing o altri processi simili. Qual è stata la vostra esperienza invitando una persona così? E con una persona (nuova) non dovremmo sempre prima provare una o due volte prima di stabilire un accordo lungo che poi potrebbe dover essere rotto?

In questi decenni tutto ciò è appena iniziato. Ci sono buone ragioni per aspettarsi dei problemi. Vi preghiamo di scriverci su eventuali problemi e altre osservazioni.

La struttura della partnership non è ancora chiara al di là dei due elementi essenziali di cui sopra. Vi preghiamo quindi di aiutarci a mettere in comune esperienze e informazioni! Scrivete alla Dr. Ann Weiser o a noi qui a Chicago.

b. Due transfert?

Come è possibile che il modello di partnership possa funzionare senza problemi, considerando il transfert, le proiezioni e tutte le difficoltà relazionali che si sviluppano naturalmente in psicoterapia?

Nella mia esperienza queste difficoltà si verificano come previsto, ma separatamente da entrambi i lati della partnership, come fossero due terapie parallele. In ognuna di esse ci sono sentimenti relazionali che vanno in entrambe le direzioni. Non sono quasi mai tentato di mescolare questi sentimenti, e anche quando sono tentato, non lo faccio. Nemmeno la mia partner lo fa. Lasciate che vi spieghi cosa intendo.

Come ascoltatore ho diversi sentimenti provocati dalla focalizzazione della mia partner. Questi sentimenti appartengono al mio rapporto con la partner quando la ascolto. Proprio come faccio durante una terapia, decido momento per momento cosa esprimere dei miei sentimenti e quando farlo.

Esattamente come quando sono un terapeuta cerco di essere completo e visibile, ma senza occupare tutto il tempo. E come nella terapia, a volte il mio cliente o la mia partner percepisce le mie reazioni e vuole che io le esprima prima che il suo processo possa continuare. Tutto questo è simile alla psicoterapia, e tutto questo riguarda il tempo che le dedico nel suo turno. Qualsiasi sentimento verso il cliente o il suo processo che ho messo da parte, aspetterà il momento del mio turno, esattamente come i miei sentimenti provocati dal processo di un cliente.

Poi, quando arriva il mio turno, immediatamente la mia vita, i problemi e i sentimenti sono al primo posto. Ho messo da parte ciò che mi è rimasto dal suo processo, esattamente come se fossi appena arrivato da un’ora con un cliente. Posso avere certe sensazioni riguardo al suo processo, ma non sono il mio principale problema di vita. Ma anche se lo fossero, non le sottoporrei all’ascolto. Al massimo, se suscitassero un mio problema molto profondo, potrei focalizzare su questo, e se ne parlassi riguarderebbe quel problema più profondo in me, non la parte che riguarda la relazione con la partner. Quello è qualcosa che riguarda il suo tempo. E tutte le partners con cui ho scambiato hanno agito allo stesso modo durante il loro turno.

Questo si è sviluppato in modo del tutto naturale tra noi. Finora non avevo sentito o pensato a questo aspetto in termini espliciti. Mi è diventato chiaro solo ora, mentre scrivo questo articolo.

Penso che sia legato alla grande differenza che c’è tra le due metà del tempo dello scambio. Come ascoltatore sono una persona spaziosa. E posso dare alla mia partner tutto lo spazio. Posso ascoltare, rispondere se lo si desidera o sentirmi vicino nei lunghi silenzi del Focusing. Posso ascoltare anche le descrizioni e potrei fare del tè [se la partner me lo chiedesse – NdT]. Il suo processo non mi disturba, tranne che in casi molto rari. Certamente mi accorgo quando tali casi accadono. Ma appartengono alla sua metà del tempo. Le due metà sono molto diverse. Nella sua metà sono di solito la persona spaziosa che può ascoltare.

Non appena è il mio turno, divento una persona piuttosto piccola; il mio corpo si trasforma in uno dei miei vari problemi. Potrei fare un sacco di rumori sgradevoli mentre focalizzo, fino a quando la tensione si allenta e arrivano i cambiamenti. In questo modo proietto alcuni sentimenti negativi sulla mia partner. Spesso sento che deve essere difficile per lei sopportare tutti i miei gemiti, il respiro e altre espressioni. Allora devo guardarla e chiederle se sta bene. Lo è sempre, come posso chiaramente constatare. È ovvio che il mio processo non le dà più fastidio di quanto il suo non ne dia a me. L’ho chiesto così tante volte che entrambi ridiamo quando lo faccio – eppure devo farlo spesso. Poi posso tornare alla mia focalizzazione. Oppure potrei dare forma a un sogno e chiedere se va bene. Di nuovo entrambi ridiamo. Oppure, se sto in silenzio per molto tempo, sento che è difficile per la mia partner sedersi lì senza fare niente.

Eppure, subito dopo, quando è il suo turno, sono di nuovo l’ascoltatore spazioso. Questi due ruoli sembrano rimanere separati.

E così anche io scopro che per quanto profondo possa essere stato il processo del partner durante il suo turno, nel mio turno lei è proprio lì per me. E, cosa che mi sembra ancora più sorprendente, posso vederlo e sentirlo.

Sto illustrando un’osservazione che mi sorprende sempre. Sembra che la proiezione, il transfert e il controtransfert avvengano doppiamente nella partnership, in due set chiaramente separati, in modo che ognuno si senta abbastanza libero quando è il turno di Focusing dell’altro.

Ad esempio, mi sembra di avere difficoltà quando mi si rimprovera qualcosa, e questo secondo me è anche realmente colpa mia. Mi accade spesso quando dimentico un appuntamento concordato o qualcosa del genere. Allora mi sento a disagio e dimentico che anche in queste situazioni, quando il tempo appartiene alla mia partner si tratta dei suoi sentimenti, di cui magari solo alcuni si riferiscono alla situazione attuale e al mio comportamento. Quando me lo ricordo, la mia partner diventa capace di trovare presto il lato più profondo di quello che le accade e il significato che ha per lei.

D’altra parte non avrei difficoltà alcuna se la mia partner dovesse scoprire che e’ infuriata con me perché deve partire (o con ogni altro sentimento relazionale che dovesse provare). Ma se questa difficoltà l’avessi, apparterrebbe alla sua metà del tempo.

Non ho sentito molte segnalazioni di problemi con le partnership in corso. Ma dal momento che la gente non ha detto o scritto molto sulle partnership, naturalmente non avrei potuto sentir parlare dei problemi. Questo articolo è in parte un appello ad inviarci le descrizioni delle vostre esperienze.

Ad un vecchio terapeuta sembra che debba verificarsi ogni sorta di problemi. Vi prego di farmi sapere se ne avete incontrati e cosa ne avete fatto. E sicuramente vorrei anche sapere se per voi la partnership non presenta problemi. Forse questo significa che le partnership mettono un limite alla profondità con cui gli aspetti problematici si manifestano e possono essere risolti relazionalmente. Ma forse, in certa misura, in base alla mia esperienza, l’inviolabilità del tempo di ogni persona rende possibile una separazione che permette a due transfert o relazioni proiettive di esistere fianco a fianco, insieme ad una buona relazione reale.

c. E la formazione?

Riteniamo che la formazione sia essenziale per il Focusing e l’ascolto, così come lo è anche per altri processi. Ma non importa come avviene questa formazione. E’ possibile che un focuser o ascoltatore addestrato formi una partner in modo informale. In realtà, la formazione informale è una delle migliori. Non c’è alcuna pretesa e nessuna pressione; si dà all’altra persona ciò che si sa, poco a poco, al momento opportuno, man mano che la focalizzazione e l’ascolto avvengono. Dirò ad un nuovo tirocinante: “Ora ho bisogno che tu mi dica di nuovo: ‘Non sei sicuro di cosa fare perché……….’”. Col Focusing è ancora più facile. Abbiamo solo bisogno di addestrare le persone per mantenere la loro attenzione tranquillamente su di noi. Nel nostro turno possiamo focalizzare e poi insegnare all’altro a focalizzare durante il suo. La formazione e l’esperienza sono assolutamente necessarie.

I processi di auto-aiuto sono più specifici e più sviluppati della formazione professionale. All’inizio può sembrare strano. Ma un professionista è, di fatto, definito più dal ruolo sociale che dalla sua formazione specifica. Le qualifiche assicurano che il professionista sia una persona responsabile. Ma la formazione vera e propria varia molto e a volte può essere molto generale. Al contrario, tutto ciò che può essere insegnato alla gente comune deve essere abbastanza specifico, in modo che possa essere compreso e attuato esattamente, passo dopo passo. Abbiamo dovuto rendere il Focusing molto specifico per scopi di ricerca, e poi abbiamo scoperto che doveva diventare ancora più specifico per poterlo insegnare alla gente comune.

Troviamo che le persone più conoscono e praticano il Focusing, più si pongono domande molto specifiche e più apprezzano ulteriore formazione.

La formazione è effettivamente necessaria, ma è abbastanza possibile anche nell’ambito della partnership. Se una persona possiede un’abilità, può insegnarla all’altra. E dobbiamo anche organizzarci in modo da rendere disponibile una formazione continua.

d. È sicura la partnership? Nessuna delle partners è un’autorità

Puoi davvero affidarti a qualcuno che non ne sa più di te, e forse di fatto ne sa molto meno?

Certamente la fiducia si sviluppa, ma in una partnership non ci si affida a nessuno. Ovviamente si rimane responsabili della propria vita e del proprio processo.

Dopo trentacinque anni di pratica della psicoterapia e spesso in terapia, non sono sicuro che sia mai giusto affidarsi a qualcuno. Non sono nemmeno sicuro che sia possibile o se sia solo un’illusione. Le persone non possono davvero essere sostituite da altri alla guida della propria vita. Per quanto a volte si voglia dire a qualcuno: “Spostati; te lo mostrerò”; o per quanto a volte si possa mettere la nostra vita nelle mani di qualcuno per farci guidare – non credo sia possibile. Ma, certamente, è possibile essere in terapia con qualcuno di cui ci fidiamo, nel senso che prenderemmo molto seriamente tutto ciò che quella persona ci ha detto o consigliato. Lo proveremmo molte volte e poi forse daremmo la colpa a noi stessi se le cose non funzionassero. Nel rapporto basato sull’autorità, molti clienti ricevono aiuto, ma possono anche essere gravemente feriti, bloccati, ritardati o del tutto scoraggiati.

Le partnership sono molto più sicure. Ognuno sa bene che l’altro non è un’autorità. Qualsiasi cosa stupida viene facilmente riconosciuta come tale e scartata. Da una partner non sopporterai per dieci minuti quello che molti pazienti sopportano per anni da psicoterapeuti referenziati.

Per favore, non pensate che io stia attaccando la psicoterapia. La pratico e sono stato anche un cliente per lunghi periodi. Sto solo dicendo, come tutti sappiamo, che la qualità varia, e quindi la fiducia e gli anni che le persone investono in un’autorità non è cosa altrettanto sicura come in una partnership, in cui nessuno ha il potere di dire all’altro cosa fare o come farla.

Devo anche aggiungere che per molti anni ho insegnato psicoterapia a laureati e non laureati. In tutti i miei corsi faccio in modo che gli studenti abbiano due ore a settimana strutturate come nella partnership appena descritta. Ciascuno mi scrive privatamente circa il proprio processo, che annota ogni settimana.

Quello che ho da dire in questo caso si basa su molte osservazioni. È vero che i nostri studenti sono molto brillanti e partecipano al corso solo se lo vogliono. Tuttavia, è sempre sorprendente per me notare come – dopo qualche settimana – i loro appunti sui loro processi somiglino a quelli di uno psicoterapeuta. Inoltre, non è mai successo nulla di veramente preoccupante. Molto prima che qualcosa di questo tipo possa accadere, qualcuno ha voluto cambiare partner. E ha potuto ovviamente farlo.

e. Metterà i terapeuti fuori mercato?

Sicuramente no. Più partnership ci sono, più la terapia sarà conosciuta, più saranno necessari terapeuti professionisti. Spesso accade che qualcuno debba andare oltre e più a fondo di quanto sia possibile con una partner. Non lo sappiamo ancora esattamente, ma ci possono essere molte cose che si possono fare solo con un terapeuta o con persone particolarmente abili. Quanto meno ci sarà bisogno di consulenti competenti, in modo che una o entrambe le partners abbiano un posto dove andare se avessero bisogno di più aiuto. Sappiamo che ci sono sempre più persone che chiedono, e che la domanda crescerà man mano che un maggior numero di persone avrà delle partnership.

È vero, tuttavia, che quando le persone ottengono tanto gratuitamente, sono in grado di riconoscere se il terapeuta pagato offre qualcosa di più o di meno. Questo è probabilmente il modo più efficace per aumentare la qualità della terapia professionale. La conoscenza diffusa ottenuta tramite le partnership può assicurare ciò a cui esattamente mirano le attuali procedure di accreditamento, garantendo quella qualità della terapia che tutela il pubblico.

f. Ho quello che serve per essere la partner di qualcuno?

Sono necessarie due cose – ma ogni essere umano le ha. Uno dei requisiti è la capacità di tacere – di stare zitto e di essere una compagnia non invadente. Ciò significa che quando l’altro sta parlando noi ci asteniamo da ogni impulso ad imporgli qualcosa. Significa lasciare andare le nostre eccellenti idee, interpretazioni, suggerimenti, il nostro desiderio di offrire rassicurazioni amichevoli o di raccontare quello che abbiamo fatto in una situazione simile. E in quei momenti in cui l’altra persona è tranquilla, significa mantenere la nostra attenzione su di lei mentre non accade nulla di interessante.

Il secondo requisito è la compagnia di un essere umano. Non si può fare a meno di avere questa capacità, poiché si è un essere umano. Non richiede di essere una brava persona o l’essere saggi o il possedere qualità speciali. Non richiede un modo speciale di essere o di mostrare la propria umanità. Semplicemente voi, lì.

Ma la maggior parte delle persone non lo sa! Pensano di dover fare qualcosa di speciale o di essere interiormente mancanti di qualcosa o di di non riuscire a trovare qualcosa di particolarmente perspicace o utile da dire. Nessuna di queste cose è necessaria, per fortuna! Chi sei e cosa dici fa una differenza minima. Ma ci sono una serie di procedure molto specifiche che chiunque può ed è necessario che impari, perché rendono possibile questo tipo di interazione. Sono quindi molto importanti. Ma se l’altra persona conosce una di queste procedure, le sarai di grande aiuto con la tua presenza, sia che tu conosca sia che tu non conosca la stessa procedura. È la compagnia umana che fa la differenza e approfondisce immensamente il processo.

Sapere questo è un fatto molto grande! Come terapeuta o come partner di Focusing mi baso su questo fatto grandioso. So che la mia compagnia non consiste nelle mie caratteristiche personali perché non sono così speciali; inoltre per la maggior parte del tempo anche le buone caratteristiche che ho non aiutano tanto. Cosa aiuta? È il processo che nasce dall’interno della persona – da sotto il suo sé cosciente. E tutto ciò di cui c’è bisogno è che io me ne stia seduto qui? So di poterlo fare.

4. Teoria: la natura umana è interattiva

A volte qualcosa può essere espresso meglio in termini di ricerca. Ecco un progetto di ricerca quasi perfetto: i soggetti focalizzano prima per 10 minuti da soli, poi – sugli stessi problemi – focalizzano con una partner conosciuta che rimane completamente silenziosa. In qualsiasi modo vengano misurati, i risultati saranno significativamente migliori con una partner. Questo progetto riguarda la stessa persona, con gli stessi problemi, con lo stesso tempo e senza alcuna differenza verbale o comportamentale – niente di più che la presenza silenziosa della partner.

Ho condotto questa ricerca centinaia di volte con un unico soggetto – me stesso. Focalizzo da solo quando ho la possibilità di farlo prima di incontrare la mia partner. A volte mi sento bene dopo il mio Focusing, cosicché il mio tempo con la mia partner è abbastanza libero. Ma molto spesso ho invece la possibilità di realizzare il progetto di cui sopra. Vedo quanto velocemente posso andare avanti, in totale silenzio, partendo dallo stesso punto, solo perché il mio compagno è lì.

Questa ricerca mostra un fatto teorico: gli esseri umani sono intrinsecamente interattivi. In modo significativo gli esseri umani sono processi interattivi in corso. Procediamo in modo diverso da soli rispetto a quando siamo in relazione con persone effettivamente presenti – anche senza che accada nulla di visibile o di verbale.

Voi lo sapete. Ad esempio, state aspettando soli ad una fermata dell’autobus. Siete con voi stessi, in pace, e ora qualcuno vi viene accanto. La vostra pace interiore può sparire, anche se quella persona non ha detto o fatto nulla.

Oppure, prendete il caso opposto. Siete soli e vi sentite strani. Allora decidete di chiamare un amico. Qualcun altro risponde e voi attendete che il vostro amico venga al telefono. Durante quel breve tempo vi sentite già molto meglio – senza il bisogno di parlare, ancor prima che il vostro amico arrivi effettivamente al telefono.

Quindi la compagnia silenziosa di un’altra persona non è cosa da poco. Cambia il proprio modo di essere – fisicamente, ne sono assolutamente sicuro. Dimostra che gli esseri umani sono intrinsecamente, essenzialmente interattivi. Quando non c’è alcuna altra persona, il proprio intero essere relazionale si blocca e diventa permanente. Sembra ricadere su sé stesso come se fosse un tratto di personalità individuale.

Queste osservazioni mostrano anche che le attuali nozioni di dipendenza e indipendenza sono sbagliate. Ci viene insegnato ad essere autonomi, a far tutto senza bisogno di nessuno – l’impresa privata. Ma per natura non tutto è possibile in questo modo. Quindi ci sentiamo in colpa per non riuscire a fare da soli ciò che non può essere fatto da soli. Però non dovremmo ritardare per anni ciò che può accadere solo nell’interazione.

Tutto ciò non toglie valore né al Focusing da soli, né alla nostra indipendenza. La partnership è un ulteriore passo avanti. Perché dovremmo limitarci quando potremmo fare molto di più in una partnership?

Ma questo punto è cruciale: il grande effetto della presenza di un’altra persona si può avere nel silenzio, a prescindere dalla quantità di contenuto che si desidera condividere. La presenza e l’attenzione dell’altra persona fa la grande differenza, non il contenuto personale che si può o meno condividere a parole.

5. 5. La società e le istituzioni sociali

Perché avere uno schema ufficiale di partnership?

Le tipiche situazioni affettive, di lavoro, di svago, sono schemi sociali – istituzioni sociali. Per esempio alcuni di questi schemi sono il modo in cui ci comportiamo sul lavoro, con i membri della famiglia, in classe o in un negozio. Le situazioni di vita sono fortemente modellate prima della nostra nascita. Attualmente i vecchi modelli non ci bastano, quindi è vero che ci tocca improvvisare costantemente. Ma non dobbiamo inventare tutto sul momento; improvvisiamo all’interno di questi schemi socialmente istituiti e conosciuti – le situazioni che ci sono familiari.

Per esempio, l’amicizia è un’istituzione sociale. Non c’è bisogno di spiegare il motivo per cui ci si incontra e si parla con certe persone – sono i vostri amici. Il modo in cui li trattiamo varia molto, ma è un modello noto. Se lo violate, la persona potrebbe dirvi: “Non è così che si tratta un amico!

Per esempio, parlare a lungo dei vostri problemi personali non è appropriato con un amico, tranne che in rari momenti. E certamente non è il caso lasciare che il vostro amico resti in attesa seduto silenziosamente, per dieci o trenta minuti, mentre focalizzi! La nostra cultura ha modelli per le amicizie, le feste e per gli lo spazi di gioco, ma anche modelli per l’amore e per il lavoro. Non abbiamo ancora – ma li stiamo producendo – modelli sociali per processi personali e interpersonali. La psicoterapia è uno di questi e il modello della partnership è un altro.

La gente può usare un simile modello conosciuto e compreso, cosa che non avrebbe l’abilità o l’energia per inventare. Se entrambi conosciamo questo modello, uno di noi due può invitare l’altro. In questo momento il modello della partnership non è ancora abbastanza conosciuto. Quindi le persone devono esserne informate, prima di poter essere invitate. Ma un modello almeno esiste e può essere comunicato.

Mi auguro che tra un decennio o due tutti avranno una partner per un processo personale. Questo è l’unico modo in cui la nostra scoperta di questi processi potrà diventare accessibile a tutti. E ci sono molti segnali, oggi, che questi processi sono ricercati e diventeranno sempre più disponibili.

Attualmente circa venti o trenta milioni di persone fanno parte di una qualche rete che offre simili processi. Per ora i modelli impiegati sono settari: si può realizzare solo un particolare processo con le persone che lo conoscono. Altre forme di processo devono essere attuate con altri in un’altra rete. Come vedete la nostra struttura di partnership va oltre questo settarismo.

La terapia retribuita è strutturata su un modello di scarsità. Solo alcuni possono accedere alla formazione; altri no. Solo alcuni hanno i soldi per pagarsela; altri no. Al contrario, la partnership è intrinsecamente senza scarsità: chiunque può essere una partner. Chiunque può trovare una partner. Il “bene” di base è l’attenzione interumana, qualcosa che ognuno di noi ha e può dare.

Una società senza scarsità reale o artificiale può essere molto lontana nel tempo, ma questo non è un buon motivo contro l’impiego di nuove forme di relazione. Nel corso della storia sono esistite nuove forme di organizzazione all’interno di società complessivamente ancora organizzate in forme antiche. Ad esempio, la gente di città si è liberata in parte molto presto dalla struttura feudale circostante – e poi ha lottato e coesistito con essa per secoli. Il modello della partnership può essere adottato da tutti coloro che lo desiderano e adattato da e per qualsiasi persona.

Non c’è motivo di lasciare che i processi di attenzione interumana restino preconfezionati, come lo sono stati finora all’interno del modello della scarsità.

Riferimenti:

(1) Gendlin, E.T., Focusing Bantam Books, N.Y.: 1981. “The Politics of Giving Therapy Away” In Larson, D., Ed., Teaching Psychological Skills. Brooks/Cole, Monterey: 1984. Una prima bozza apparve in: Focusing Folio Vol. 1, numero 4, 1981.

[Note: 1) nel testo Gendlin usa spesso il termine pattern, che noi abbiamo tradotto a volte con ‘schema’ e altre con ‘modello’; 2) in consonanza con gli usi accademici, sensibili alle questioni di genere, abbiamo volto al femminile tutte le frasi con la parola partner, dal momento che Gendlin impiega il femminile she quando usa un articolo determinativo.]