Intervista a Jon Kabat-Zinn
Ascolta o leggi l’articolo originale di Drake Baer tradotto da Alessandro Gilibini
Se c’è qualcuno che ha contribuito a rendere popolare la parola “Mindfulness” e che ha fatto sì che oggi la meditazione venga considerata seriamente da medici e scienziati, questa persona è Jon Kabat Zinn. Nel 1979 ha presentato al mondo quello che in seguito sarebbe diventato l’MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction), un corso di otto settimane sviluppato inizialmente per aiutare persone affette da dolore cronico. Da allora la sua efficacia è stata dimostrata in situazioni di ansia, depressione, e in una moltitudine di altri casi clinici e non clinici.
Kabat-Zinn e la Mindfulness
Kabat Zinn ha anche contribuito a fondare la clinica per la riduzione dello stress presso la facoltà di medicina dell’università del Massachusetts, dove inizialmente è stata portata avanti gran parte della ricerca sulle applicazioni cliniche della Mindfulness. Oggi una ricerca su Google Scholar con la parola “MBSR” produce oltre 22.000 risultati. Kabat Zinn è anche autore di dieci libri. Il più famoso, intitolato Dovunque Tu Vada Ci Sei Già, ha venduto oltre un milione di copie in tutto il mondo dalla sua pubblicazione nel 1995. Nei quasi quarant’anni da quando l’MBSR ha fatto il suo debutto, oltre 24.000 persone hanno completato il corso nella sola università del Massachusetts, e la cultura popolare ha iniziato ad assorbire il principio fondamentale della pratica: se presti attenzione alla tua mente, puoi cambiare la tua vita.
La rivoluzione della Mindfulness
Abbiamo parlato con Kabat Zinn della rivoluzione della Mindfulness che lui stesso ha contribuito ad innescare, dei pro e dei contro di una Mindfulness divenuta popolare, e del rapporto tra Mindfulness e tecnologia. L’intervista è stata editata per ragioni di spazio e chiarezza.
DOMANDA: Ti saresti mai aspettato che la Mindfulness sarebbe diventata così di tendenza, quasi un argomento di discussione quotidiano?
Di fatto nel 1979 immaginavo qualcosa che poi si è avverato: e cioè che la Mindfulness avrebbe avuto un impatto straordinario se la scienza avesse validato i risultati clinici dell’MBSR. Da lì, grazie alle sue ricadute sulla medicina tradizionale, le neuroscienze e il mondo della Sanità in generale, sarebbe poi arrivata al grande pubblico. L’idea era di trasformare e curare il mondo, e per quanto possa suonare arrogante, quello era il senso originario. Ma la Mindfulness è uno dei fondamenti della pratica buddista, non l’ho inventata io nel 1979.
DOMANDA: Questo ci porta a quella che viene chiamata “McMindfulness”, ovvero la cultura consumistica un po’ modaiola che è cresciuta attorno al cosiddetto Movimento della Mindfulness.
Uno degli effetti collaterali della rapida diffusione del Dharma in Occidente è che le persone cavalcano tutto ciò che è di tendenza per guadagnarci dei soldi, e lo utilizzano a fini pubblicitari per vendere più gioielli o hamburger. Non è necessariamente qualcosa di sbagliato. È un segno che la Mindfulness si sta diffondendo nella società.
In termini di clinica – e mi riferisco all’MBSR e alla terapia cognitiva basata sulla Mindfulness – l’idea generale è che sia il livello di approfondimento che quello di fedeltà alla pratica siano enormi. La Mindfulness gode di ottima salute in tutto il mondo e non sono affatto preoccupato.
DOMANDA: È possibile avere un rapporto più consapevole con la tecnologia?
Puoi essere più consapevole di quanto dipendi dalla tecnologia, ma se non ti imponi dei comportamenti, è come una droga. Non sto dicendo che si debba vivere senza tecnologia, io stesso ho un telefonino. Ma non puoi conviverci a meno che non trovi qualche modo per non smarrirti nella realtà digitale al punto da dimenticare che il tuo corpo è analogico.
Mi riferisco al non essere presente a qualcosa che ti succede perché sei preso a raccontarlo in un messaggino oppure in un tweet. Può accadere ad esempio quando hai un figlio. Non sei presente perché vuoi condividere la tua esperienza in tempo reale. Sei così eccitato nell’attesa di ricevere risposta a quello che hai scritto che ti perdi la tua esperienza analogica. Sarebbe tragico.
Mio figlio ed io conduciamo dei ritiri per i manager della Silicon Valley, con la speranza che chi ci ha portato questa tecnologia possa riconoscere quanto è meravigliosa ma anche quanto può essere dannosa e alienante, e possa trovare modi per utilizzarla e trasformarla in modo da non accentuare il nostro isolamento.
La più grande fonte di distrazione non è il tuo telefonino – è la tua mente. Non puoi impedire alla tua mente di produrre pensieri, ma ciò che puoi fare è non diventarne schiavo. È una forma d’arte, ed è ciò per cui è stato concepito il training di Mindfulness.
DOMANDA: Quello che fai può essere definito come “mindfulness laica”?
Evito con cura la parola “laica”. Non appena dici “Mindfulness laica”, hai rimosso l’elemento del sacro.
DOMANDA: Del sacro?
Non mi riferisco tanto al respiro o all’oggetto d’attenzione, quanto piuttosto allo “stare con”. Siamo così sedotti da pensieri ed emozioni che non ci rendiamo conto che la consapevolezza è una funzione quantomeno altrettanto potente. Può abbracciare qualsiasi emozione, non importa quanto distruttiva, e qualsiasi pensiero, non importa quanto invadente.
Ecco dove risiede il potere trasformativo, nell’aggiungere all’esperienza ordinaria una misura di profonda introspezione e percezione. E nel renderti conto che non esiste alcuna “esperienza ordinaria”. Che tutto è straordinario.
DOMANDA: Cogliere lo straordinario nel quotidiano è parte del sentiero.
La Mindfulness rappresenta un modo nuovo di stare in relazione con te stesso, un modo che implica un apprendimento e una guarigione continui. Tale trasformazione porta con sé la consapevolezza che non sei ciò che pensi di te. Sei molto, molto di più di chi pensi di essere, della storia che ti racconti su di te.
In un certo senso si tratta di fare amicizia con te stesso. Non è necessario meditare in una caverna per cinquant’anni; devi solo rendertene conto. Lo scopo di queste pratiche meditative è riconoscere e imparare ad abitare quel dominio dell’essere invece di frammentarlo nelle opposte categorie di sacro-profano, mente-corpo, io-altri.
DOMANDA: Si perde qualcosa in questo processo di diffusione della Mindfulness al grande pubblico?
La sfida è quando prendi qualcosa che esiste da migliaia di anni e che è radicata in una profonda saggezza: come la diffondi senza allo stesso tempo distruggerla?
È inevitabile che qualcuno dica “stai decontestualizzando la Mindfulness”. Ciò che andrebbe perso è una serie di cose straordinarie appartenenti ad antiche religioni e tradizioni che sono molto diverse se sei in Giappone, in Thailandia, in Vietnam o in Tibet. Sono diverse, ma confluiscono tutte nello stesso fiume. Se sei un buddista, andrebbe persa gran parte della bellezza della tua cultura. Ma il Buddismo non ha nulla a che fare con il “Buddismo” inteso come religione. Ha a che fare con la sofferenza, e con le cause della sofferenza, e con il potenziale di liberazione dalla sofferenza.
Potrei sostenere, e di fatto lo faccio sempre, che se anche si perde qualcosa nel prendere una pratica meditativa che è stata al centro della vita del Buddha per diffonderla dovunque e a chiunque, i benefici sono di gran lunga superiori ai costi. Il protocollo MBSR per la riduzione dello stress dura solo otto settimane ed è concepito per essere un punto di partenza.
Il Buddha non era un buddista. Attorno alla sua comunità si è sviluppata una religione. Le sue sono state scoperte universali riguardanti la sofferenza, la natura della sofferenza e la natura della mente umana.