RELAZIONI

Core Counseling, aiuto, movimente

Cosa è l’amore?

amore Usiamo spesso  questa parola. Sappiamo qual’è il suo vero significato?C’è un modo per riconoscere se quello che sento è quel sentimento o altro. Se sto soffrendo non sto amando, mi spiace.La buona notizia è che si può liberare il cuore per poter amare veramente. Che ne dici? Vuoi provare? Elena Mazzoleni   FB counseling

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Perchè siamo empatici?

Empatici? L’empatia e i neuroni specchio: la base neurologica del nostro comportamento sociale L’empatia rappresenta una delle capacità più affascinanti e fondamentali dell’essere umano, ma da dove nasce questa straordinaria abilità di comprendere e condividere le emozioni altrui? La risposta si trova nelle rivoluzionarie scoperte sui neuroni specchio, una classe particolare di cellule cerebrali che ha rivoluzionato la nostra comprensione del comportamento sociale umano. La scoperta dei neuroni specchio Nel 1996, il team di ricercatori guidato dal neuroscienziato italiano Giacomo Rizzolatti presso l’Università di Parma fece una scoperta destinata a cambiare per sempre la nostra comprensione del cervello sociale. Durante esperimenti sui macachi, i ricercatori identificarono un gruppo speciale di neuroni che si attivavano non solo quando l’animale eseguiva un’azione, ma anche quando osservava altri compiere la stessa azione. Come funzionano i neuroni specchio? I neuroni specchio agiscono come un “sistema di rispecchiamento” interno al nostro cervello. Quando osserviamo qualcuno compiere un’azione o esprimere un’emozione, questi neuroni: Si attivano come se fossimo noi stessi a compiere quell’azione Creano una simulazione interna dell’esperienza osservata Ci permettono di “sentire” ciò che l’altro sta provando Facilitano l’apprendimento attraverso l’imitazione Il ruolo dei neuroni specchio nell’empatia La scoperta dei neuroni specchio ha fornito una base neurologica per comprendere l’empatia. Questi neuroni ci permettono di: Riconoscere immediatamente le emozioni altrui Condividere automaticamente gli stati emotivi Sviluppare una comprensione profonda delle esperienze degli altri Costruire relazioni sociali significative Implicazioni pratiche nella vita quotidiana La comprensione dei neuroni specchio ha importanti applicazioni in diversi ambiti: Educazione Facilitano l’apprendimento attraverso l’osservazione Supportano lo sviluppo delle competenze sociali nei bambini Aiutano nella costruzione di relazioni educative efficaci Terapia Contribuiscono alla riabilitazione motoria Supportano il trattamento di disturbi dello spettro autistico Aiutano nella gestione di problemi relazionali Relazioni interpersonali Migliorano la comunicazione non verbale Rafforzano i legami sociali Aumentano la coesione di gruppo Sviluppare l’empatia: è possibile allenarla? La ricerca sui neuroni specchio suggerisce che l’empatia può essere sviluppata e potenziata attraverso: Pratica mindful della consapevolezza emotiva Esercizi di ascolto attivo Esposizione a diverse esperienze sociali Attività che stimolano la comprensione emotiva Conclusioni La scoperta dei neuroni specchio ha rivoluzionato la nostra comprensione dell’empatia, fornendo una base biologica per questa fondamentale capacità umana. Queste cellule cerebrali rappresentano il ponte tra l’esperienza individuale e quella sociale, permettendoci di connetterci profondamente con gli altri e di costruire relazioni significative. La consapevolezza di questi meccanismi neurologici ci offre nuove opportunità per: Migliorare le nostre capacità empatiche Sviluppare relazioni più profonde Creare società più coese e comprensive Promuovere il benessere sociale e individuale Guarda il video sui neuroni a specchio empatici fb counseling empatici empatici empatici empatici

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L’affettività

Tanti utili consigli di Giuliana Mieli Con la sua ironia Giuliana Mieli ci offre un contributo concreto e competente, basato su recenti ricerche biologiche integrate con la saggezza orientale. Vogliamo sostenere Giuliana Mieli nel suo impegno a portare attenzione e cura alla donna e al bambino. Un lavoro importante per un futuro migliore della nostra umanità. Dedicato a tutti i genitori, a tutti gli operatori sanitari della ginecologia e anche a tutti i counselor che aiutano le mamme. Buona visione! Colloquio fra Umberto Galimberti e Giuliana Mieli con il suo libro “Il bambino non è un elettrodomestico” Ancora qualche consiglio per mamme e papà affettività affettività fb blog

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Oltre i conflitti

Ci sono conflitti quando ci sono problemi di comunicazione nelle relazioni con le persone ed è facile entrare in conflitto. Imparare a comunicare è possibile, ce lo insegna Marshall Rosenberg in modo divertente ed efficace. Buona visione del video sulla CNV – Comunicazione non violenta di Rosenberg fb blog

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Preghiera della Gestalt

preghiera della Gestalt “Io sono io. Tu sei tu.Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative.Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa.Se ci incontreremo sarà bellissimo;altrimenti non ci sarà stato niente da fare.”    Vuoi sviluppare competenze relazionali? partecipa al Corso CORE COUNSELING formazione triennalescrivici per informazioni “Se ti assumi la responsabilità di quello che stai facendo,del modo in cui produci i tuoi sintomi,del modo in cui produci la tua malattia,del modo in cui produci la tua esistenza– al momento stesso in cui entri in contatto con te stesso –allora ha inizio la crescita, ha inizio l’integrazione“ “Assumersi responsabilità per un altro,interferire con la sua vita e sentirsi onnipotenti, sono la stessa cosa” “Sarò con te. Sarò con te con il mio interesse,la mia noia, la mia pazienza, la mia rabbia, la mia disponibilità.Sarò con te […] ma non ti posso aiutare.Sarò con te. Tu farai quello che riterrai necessario” “La consapevolezza di per sé può essere curativa.Dato che con una piena consapevolezza si diventa autoconsapevolidell’autoregolazione dell’organismo,si può lasciare che l’organismo prenda in mano la situazione senza interferire,senza interrompere: della saggezza dell’organismo ci si può fidare.Di contro a questo atteggiamento troviamo l’intera patologiadell’automanipolazione, del controllo ambientale e via dicendo,che interferisce con i sottili meccanismi dell’autoregolazione dell’organismo” Friedrich Salomon Perls L’associazione MoviMente offre: Se vuoi entrare in contatto con MoviMente e partecipare alle nostre proposte, scrivici qui LEGGI ANCHE fb gestalt gestalt gestalt gestalt

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Non mi interessa chi sei

Non mi interessa cosa fai per vivere, voglio sapere per cosa sospiri e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore. Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per l’amore, per i sogni, per l’avventura di essere vivo. Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro. Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo; se puoi ballare pazzamente e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirti di cautela, di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni degli esseri umani. Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera. Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per essere autentico a te stesso, se puoi subire l’accusa di un tradimento e non tradire la tua anima. Voglio sapere se sei fedele e quindi hai fiducia. Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non è bella tutti i giorni. Se sei capace di far sorgere la tua vita con la tua sola presenza. Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo o mio e continuare a gridare all’argento di una luna piena: SI!! Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai, mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due, e fare quel che si deve fare per i bambini. Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui, voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me e non retrocedere. Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove, voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l’ha fatto. Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso, e se veramente ti piace la compagnia che hai …… nei momenti vuoti. Indiana della tribù Oriah fb blog

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I quattro mantra dell’amore

mantra fb blog Quando amate qualcuno, dovete essere veramente presenti per l’altro. Ho conosciuto un bambino di dieci anni al quale il padre aveva chiesto cosa desiderasse per il suo compleanno. Il bambino non seppe rispondere: il padre era ricco e avrebbe potuto permettersi di comprargli qualsiasi cosa. Ma il ragazzino disse soltanto: ‘Papà, voglio te!’. Il padre era sempre troppo occupato e non aveva tempo per la moglie e i figli. Per dimostrare vero amore, dobbiamo renderci disponibili. Se quel padre imparasse a respirare consapevolmente e a essere presente per suo figlio, potrebbe dire: ‘Figlio mio, sono veramente qui per te’. Il dono più grande che possiamo fare agli altri è la nostra vera presenza. Sono qui per te è un mantra da pronunciare in perfetta concentrazione. Se siete concentrati, corpo e mente uniti, si rivelerà una vera presenza e qualsiasi cosa diciate diverrà un mantra. Non è necessario usare mantra sanscriti o tibetani, potete usare la vostra lingua: ‘Caro, sono qui per te’. E se sarete davvero presenti, il mantra compierà un miracolo. Voi, l’altra persona, la vita stessa diventeranno reali in quel momento. In questo modo, porterete felicità a voi stessi e all’altro. So che ci sei e sono molto felice è il secondo mantra. Quando guardo la luna, respiro profondamente e dico: ‘Luna piena, so che ci sei e sono molto felice’. Faccio lo stesso con la stella del mattino. La scorsa primavera ero in Corea e camminavo consapevolmente tra le magnolie. Guardai un fiore di magnolia e dissi: ‘So che ci sei e sono molto felice’. Essere lì davvero e comprendere che anche l’altro è lì è un miracolo. Se, contemplando un tramonto, ci siete davvero, lo riconoscerete e lo apprezzerete profondamente. Guardando il tramonto, mi sento molto felice. Ogniqualvolta siete davvero lì, potete riconoscere e apprezzare la presenza dell’altro: la luna piena, la stella polare, le magnolie e la persona che amate di più. Prima di tutto praticate l’inspirazione e l’espirazione profonda, per recuperare voi stessi, poi sedetevi vicino alla persona che amate e, in quello stato di profonda concentrazione, pronunciate il secondo mantra. Sarete felici voi e l’altro insieme. Questi mantra si possono praticare nella vita quotidiana, ma perché funzionino davvero, dovete praticare la consapevolezza del respiro, la meditazione seduta e camminata, di modo da rendere la vostra presenza una vera presenza. Il terzo mantra è: Caro, so che soffri. Ecco perché sono qui per te. Se siete consapevoli, noterete che la persona che amate soffre. Se, quando soffriamo, la persona che ci ama non se ne rende conto, soffriamo di più. È sufficiente praticare il respiro profondo e sedersi vicino, dicendo: ‘Caro, so che soffri. Ecco perché sono qui per te.’ e la sola presenza allevierà molta della sua sofferenza. Siete in grado di farlo qualsiasi sia la vostra età, anche se siete dei bambini. Il quarto mantra è il più difficile. Si deve praticare quando siete voi a soffrire e credete che la persona che amate sia la causa della vostra sofferenza. Il mantra è: Caro, soffro. Per favore, aiutami. Sono solo cinque parole, ma sono molte le persone che non sono in grado di pronunciarle a causa del loro orgoglio. Se qualcun altro avesse fatto o detto quella cosa, non soffrireste così tanto. Ma proprio perché è stata la persona che amate, vi sentite profondamente feriti. Vorreste solo andare a piangere nella vostra stanza. Ma se l’amate veramente, quando soffrite tanto, dovete chiedere il suo aiuto, dovete vincere l’orgoglio. In Vietnam c’è la storia famosissima di un marito che dovette andare in guerra, lasciando la moglie che era incinta. Tre anni dopo, fu congedato e poté tornare a casa. La moglie andò ad accoglierlo all’ingresso del villaggio, portandosi il figlioletto. Quando marito e moglie si videro, non riuscirono a trattenere le lacrime. Si sentirono grati verso gli antenati che li avevano protetti, perciò il giovane chiese alla moglie di andare al mercato a comprare frutta, fiori e altre offerte da porre sull’altare degli antenati. Mentre lei era a fare spesa, il giovane chiese al bambino di chiamarlo papà, ma il figlio rifiutò: ‘Signore, voi non siete il mio papà. Il mio papà veniva ogni sera e la mamma parlava con lui e piangeva. Quando la mamma si sedeva, anche papà si sedeva. Quando la mamma si coricava, anche papà si coricava’. Nell’udire queste parole, il cuore del giovane si fece di pietra.Quando la donna tornò, egli non riusciva nemmeno a guardarla. Offrì i frutti, i fiori e l’incenso agli antenati, fece le prosternazioni e, poi riavvolse il materassino, senza permettere alla moglie di compiere gli stessi riti, poiché non la considerava degna di presentarsi davanti agli antenati. Ella non comprese il perché di quel modo di  agire. Nei giorni successivi, il marito non rimaneva a casa, andava abere e non tornava che a notte fonda. Alla fine, dopo tre giorni di quella vita, ella non riuscì più a sopportare la situazione e si buttò nel fiume, annegando. La sera stessa del funerale, quando il padre accese la lampada a kerosene, il bambino esclamò: ‘Ecco il mio papà!’ e indicava l’ombra che il padre proiettava sul muro. ‘Così veniva papà ogni sera e la mamma parlava e piangeva con lui. Quando la mamma si sedeva, anche lui si sedeva. Quando la mamma si coricava, anche lui si coricava’. ‘Caro, da quanto tempo sei lontano. Come farò a crescere tutta sola il nostro bambino?’ diceva piangendo alla sua ombra. E una sera che il bambino le chiese chi e dove fosse suo padre, ella indicò la sua ombra sul muro e disse: ‘Ecco tuo padre’. Sentiva così tanto la sua mancanza! D’improvviso il giovane padre comprese, ma era troppo tardi. Se appena il giorno prima fosse riuscito ad andare dalla moglie a dirle: ‘Cara, soffro tanto. Nostro figlio parla di un uomo che veniva ogni sera, con cui parlavi e piangevi, che si sedeva quando tu ti sedevi. Chi è?’ ladonna avrebbe avuto la possibilità di chiarire la situazione. Ma non

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L’arte dell’incontro

Gli incontri della vita sono un grande mistero Con alcune persone condividiamo la buona e la cattiva sorte, altre non le conosciamo nemmeno. Contemporaneamente abbiamo il sentimento di vivere in compagnia di tutto il resto dell’umanità, e perciò non siamo mai del tutto soli. È straordinaria la varietà delle relazioni umane, così dinamica nelle sue forme, che ci fa attori del grande teatro della vita. E per di più i rapporti umani mutano di epoca in epoca, proprio perché l’evoluzione umana va avanti e trasforma, nel suo procedere, tutti i suoi scenari. L’incontro come sfida al pensiero Ci sono due modi fondamentali di vivere un incontro. Il primo è quello antico dell’abbandonarsi alla spontaneità naturale e alle emozioni. Il secondo è quello di prendere liberamente in mano il rapporto e, considerandolo come un compito del destino, adoperarsi a comprenderlo sempre meglio. Così facendo, si smette di seguire la girandola dell’emotività immediata e ci si sforza di capire quale specifica provocazione ogni incontro presenti, e come induca a crescere ulteriormente. Ascoltare con i sensi, con il cuore Ascoltare è un’arte. Una delle più belle della vita, ma anche una delle più complesse. C’è molto più da ascoltare di quanto inizialmente possa sembrare perché, in ogni incontro, a esprimersi è l’intero essere dell’altro. Ascoltare il corpo, l’anima e lo spirito dell’altro. Quando due persone s’incontrano non accade soltanto ciò che si vede esteriormente, ma s’intrecciano due vasti mondi, entrambi in evoluzione. La natura profonda di un incontro emerge quando ci si concede il tempo necessario affinché si mostrino le qualità della relazione e, soprattutto, gli intenti evolutivi dell’Io più profondo di ognuno. La vita è l’arte del possibile …e il possibile non sta mai dietro le cose, ma bene in vista, ci sta proprio davanti e parla con la realtà intera dell’altro. Ascoltare lo spirito dell’altro significa per prima cosa rendersi conto che siamo due spiriti che si muovono l’uno verso l’altro. E non è poco. Perché molte più volte di quante immaginiamo noi neghiamo l’incontro pur standoci dentro. Volendolo diverso da quello che è. Incontro invece l’altro per davvero quando dico: ora voglio dedicare tutta la mia attenzione a ciò che vive in lui. Tratto da: “L’arte dell’incontro” di Pietro Archiati incontro fb blog

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Alchimia della Relazione

Se desideri ascoltare il video clicca qui… Molti di noi trattano le relazioni allo stesso modo in cui giocano a poker. Facciamo tutto il possibile per avere la meglio. Se non funziona, bluffiamo. Fingiamo di avere delle carte che non abbiamo. Bariamo. Mentiamo. E, anche se questo è il modello di molte relazioni della nostra era post-moderna, non è il modello della Relazione Sacra esposto nel Manoscritto. Sarò franco. La Relazione Sacra non è cosa per tutti. Infatti, sospetto che siano di più quelli che preferiscono fare giochi di carte emozionali, rispetto a quelli che possono o vogliono intraprenderla. Questo tipo di relazione esige la massima onestà, sia con se stessi che con il proprio partner. Anziché nascondere le nostre carte, le scopriamo tutte sul tavolo. Tutte le nostre speranze, tutte le nostre paure, tutti i nostri pensieri meschini e gelosi, tutta la nostra ambiguità: tutto viene esposto alla luce limpida della consapevolezza, affinché il nostro partner veda. E lui, o lei, deve fare la stessa cosa. Non funzionerà se ci sono uscite laterali aperte, con l’idea della fuga mentale. Non funzionerà se entrambi i partner non sono assolutamente e impeccabilmente onesti l’uno con l’altro. La ragione di questo tipo di onestà radicale è che, senza di essa, l’Alchimia della Relazione non può avere luogo. Ora, questo termine potrebbe risultare nuovo per molti, persino agli studenti di alchimia interiore, dato che le dinamiche della relazione di intimità vengono discusse raramente nelle quattro correnti alchemiche principali (Egiziana, Taoista, Tantra Yoga e Tantra Buddista). Quindi, io credo che sia bene definire che cosa intendo, per gettare una qualche base. Come tutti i tipi di alchimia, questo genere di lavoro riguarda il cambiamento di una forma in un’altra. La forma, in questo caso, sono le inter-dinamiche che sono divenute consuete tra due persone. Dopo un po’, la gente tende a diventare abitudinaria. La vivacità che esisteva all’inizio del rapporto, comincia a sbiadire. Entrambi diventano più o meno inconsapevoli. La dura realtà è che ci vogliono una vigilanza e uno sforzo costanti per mantenere una relazione consapevole e vivace. Molte relazioni vanno in fumo, perché i partner non possono o non vogliono fare gli sforzi necessari a sostenerle. Invece di sperimentare la novità di ciascun momento, nella relazione, col tempo si instilla una specie di monotonia; quello che prima era eccitante ora è noioso. E, ancor peggio, si insinua una sorta di letargia psicologica ed emozionale ed entrambi i partner soccombono agli effetti logoranti dell’inconsapevolezza. Questo tipo di inconsapevolezza è una campana a morto per la consapevolezza e l’intuizione psicologica; e, nonostante venga menzionato di rado, questo tipo di inconsapevolezza ha un effetto negativo anche sulla vita spirituale della persona. Dunque, la forma che necessita di essere modificata, all’interno di una relazione, è letteralmente la forma delle interazioni che avvengono abitualmente fra i due partner. Come in tutte le tipologie di alchimia, dev’esserci un contenitore in cui possa avvenire la reazione. E, in questo caso, è il contenitore della sicurezza e dell’apprezzamento a fornire il serbatoio per la trasformazione. Se c’è un’assenza di sicurezza o apprezzamento, questo genere di alchimia non può essere intrapreso. E, se avete deciso che desiderate provare questo tipo di alchimia nella vostra relazione, vi consiglio di fare prima un’analisi. Valutate onestamente se percepite sicurezza e apprezzamento nel vostro rapporto. Se non è così, perderete il vostro tempo, cercando di intraprendere questo genere di alchimia con il vostro partner attuale. Vi suggerisco di concentrare, piuttosto, i vostri sforzi sulle pratiche solitarie menzionate nel Manoscritto. Se vorrete ancora fare un tentativo, fate parlare il vostro partner di questi sentimenti di pericolo e mancanza di apprezzamento che avvertite. Dovreste considerare di intraprendere questo genere di alchimia solo se e quando essi saranno risolti. Allora, adesso abbiamo due dei tre elementi necessari per l’alchimia: qualcosa da trasformare (gli schemi abituali di interazione) e il contenitore (la rete di sicurezza, se vogliamo, della relazione stessa). Occorre un terzo elemento; e questo, naturalmente, è l’energia per produrre la reazione. Di solito, in una relazione c’è moltissima energia, sotto forma di schemi, speranze, paure e desideri nevrotici. Ci arriviamo tra un attimo, ma, per ora, voglio parlare dell’acciaio. I nostri sé psicologici sono molto simili a spade fatte con leghe d’acciaio. Esse sono state forgiate nella rovente fonderia della nostra infanzia, con le pressioni formative delle nostre prime esperienze. È questo primo periodo della vita, che lega insieme gli elementi della nostra psiche. E, come per l’acciaio, questo è stato fatto sotto un calore e una pressione immensi. Alcuni di noi hanno subìto l’abuso da parte di genitori opprimenti, completamente ostili o persino distruttivi. Alcuni di noi sono stati lasciati a se stessi, senza alcun genere di supporto o di guida. E ogni tipo di relazione genitore/figlio ricade tra queste due polarità. Le possibilità delle pressioni nell’infanzia sono virtualmente infinite, e così anche le leghe psicologiche risultanti da questo tipo di esperienze. In molti gruppi di crescita personale si parla tanto del bambino interiore e, per quanto ci sia di sicuro un valore nel prendere contatto con questo sé più giovane, la cosa non è sempre carina. Il nostro mito culturale è che l’infanzia sia un periodo di innocenza, un periodo in cui tutto quanto è a posto, con il mondo. Per alcuni bambini questo è vero; per molti sicuramente no. Ricordo quando, diversi anni fa, mi trovai ad una festa, in casa di un mio collega terapeuta. La maggior parte degli adulti erano terapeuti di mestiere, psicologi o psichiatri. Mi ero sprofondato in un gigantesco divano e, sorseggiando la mia Pepsi, assistetti ad un evento rimarchevole. Uno dei terapeuti aveva portato alla festa il figlio e il miglior amico del figlio. Era chiaro che i due ragazzini fossero amiconi. Stavano facendo un qualche gioco a carte e, rispettosamente, si concedevano una mano a vicenda. Non tentavano di barare e sembravano avvolti in una bolla di cameratismo. Poi, il padre del ragazzo entrò nella stanza e chiese ai bambini se avessero bisogno di qualcosa. Entrambi

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