Ama il prossimo come te stesso

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Devo ammettere che ho iniziato il corso di Core Counseling con molto poca umiltà, come se mi fossi iscritta per trovare conferma di ciò che già conoscevo, in seguito ad un mio precedente percorso personale, e non avessi più molto da imparare. Ero anche piuttosto infastidita dall’essere parte di un gruppo, dal momento che ho sempre evitato il “branco”, perché mi dava l’idea di gregge, di omologazione e di aspettative tipo “do per scontato che la pensiamo tutti allo stesso modo”.

Sono quindi partita decisamente in chiusura, però ho deciso di continuare per uscire dalla mia “tana”. Ricordo di aver proprio pensato: “Se lascio, non avrò molte altre occasioni di conoscere persone nuove e diverse, e io e la mia vita saremo sempre le stesse”. Io ho sempre amato le novità e i cambiamenti, perché sono molto curiosa; mi sono anche spesso ficcata in situazioni strane per il gusto dell’avventura, ma di contro a volte sono piuttosto pigra e timorosa, quindi devo farmi un po’ di violenza per uscire dalla mia comfort zone.

Ora sono molto contenta di aver fatto quello sforzo, perché in realtà ho imparato un sacco di cose nuove che mi stanno aiutando molto a migliorare la qualità della mia vita. Innanzitutto, rispetto al gruppo, ho capito una cosa importante. All’inizio io non sentivo di appartenervi, nonostante tutti fossero molto gentili e accoglienti con me; quindi ho compreso che il senso di appartenenza non mi viene dagli altri, ma da me stessa, nel momento in cui io decido di aprirmi e di appartenere.

Inoltre, ho visto che era una mia fragilità quella di pensare di non poter essere me stessa in un gruppo; nessuno mi vieta, infatti, di esprimermi e di esporre le mie idee, se io ho la forza e la sicurezza di sostenerle. La mia esperienza era sempre stata quella di dover soccombere alla maggioranza; ma è anche vero che ho sempre visto due sole possibilità: o stare completamente in armonia o abbandonare.

E qui arriviamo al lavoro sui bisogni e le richieste, che ho imparato al corso. Mi sono resa conto che io non esprimevo i miei sentimenti e i miei bisogni in maniera adeguata tanto da risultare comprensibili agli altri né tanto meno da poter fungere da confini. Un qualsiasi disagio io lo esprimevo o fuggendo o aggredendo o tutt’e due le cose insieme. Per mia esperienza i compromessi non erano nemmeno pensabili.

Studiando la comunicazione non violenta e consapevole, sto vedendo che ci sono altre vie. Soprattutto la parte relativa ai bisogni è stata per me una novità! Io ero sì in grado di sentire cosa provavo, ma o ero ferma al giudizio mascherato, per cui mi sentivo “abbandonata, incompresa, ignorata, non vista etc…” e quindi senza speranza, perché messa così il tutto dipendeva dagli altri che mi “capissero, vedessero etc…”.

Oppure, anche se riuscivo ad andare oltre, non convertivo mai il tutto in un bisogno. Ad esempio, in seguito ad una chiusura da parte di qualcuno io mi sentivo abbandonata; da lì mi dicevo “ok se sono abbandonata cosa sento? Che ho paura perché sono da sola e non posso farcela”. Ma non sapevo che ciò corrispondeva ad un bisogno di sicurezza (che sicuramente non è stato colmato da piccola, ma che ora posso soddisfare io stessa).

Ora quindi parto dal giudizio mascherato, mi sposto sul sentimento vero che riguarda solo me, cioè “triste, sola, impaurita, indifesa…”, e posso pormi la domanda “cosa posso fare IO per non sentirmi così? Quale bisogno devo soddisfare? Attraverso quale strategia?”. In questo modo ho scoperto che alla fin fine molti bisogni possono essere soddisfatti all’interno di me. Ma è ben diverso da come facevo prima quando, per reazione al fatto che non ottenevo dagli altri ciò di cui avevo bisogno (inconsapevolmente tra l’altro), mi chiudevo e dicevo: “Mi arrangio da sola” (tanto da sentirmi Wonder Woman).

Come contraltare ai giudizi negativi, mi sforzo (intanto non mi viene ancora molto spontaneo) di ascoltare e accettare le ragioni degli altri. Notare che per lavoro spesso devo dire dei “no” a bambini con comportamenti problematici, che ovviamente rispondono con rabbia e violenza!!! E infatti mi son sempre detta: “Brava, predichi bene e razzoli male!”. Questo lavoro sui bisogni mi sarà pertanto molto utile anche nel lavoro. Studiando la comunicazione non violenta, mi sono resa conto che io ho davvero un serio problema di gestione della rabbia.

Ho sempre pensato di essere “avanti” perché io ero in grado di esprimerla (anche se non adeguatamente, come ora so); del resto per me era normale, perché nella mia famiglia usare toni di voce elevati e mandarsi a quel paese è all’ordine del giorno. Certo forse è meglio esprimerla così che reprimerla o non avvertirla proprio, ma io ritenevo i miei modi, che in realtà sono violenti, manifestazioni di un carattere passionale e focoso. Probabilmente non sarò mai pacata e posata, perché il mio temperamento è tutt’altro, però immagino che si possa essere contemporaneamente passionali e non violenti!

Ora sto imparando ad avvicinare gli altri senza l’aspettativa che debbano soddisfare i miei bisogni. Faccio ancora molta fatica ad accettare i “no” e a tollerare la frustrazione che ne consegue. Di solito quando succede provo rabbia e la mente inizia a produrre una serie infinita di giudizi negativi. Quindi ora mi sforzo di stare con la rabbia (e di fare un bel respiro contando fino a….mille?), lascio scorrere i giudizi negativi, cerco di rintracciare il bisogno non soddisfatto e, se non sono possibili strategie alternative, resto in presenza amorevole anche con il dolore e la frustrazione di non poterlo colmare, almeno per quel momento.

La Mindfulness mi ha aiutato molto ad osservarmi. Grazie al mio precedente percorso ero già allenata a sentire e a stare con ciò che accadeva dentro di me (pur con i limiti suddetti), ma lo facevo solo in presenza di un’emozione. Ora, invece, sempre più spesso nell’arco della giornata mi osservo, anche senza un motivo particolare, ma per il solo scopo di sentire che PROPRIO IO ESISTO e per assaporare attimi di eternità e pura coscienza.

Accarezzo consapevolmente le mie gatte sentendo la morbidezza del loro pelo, le loro ossicine, il battito del loro cuore; mastico lentamente il cibo; compio in presenza semplici azioni quotidiane che di solito faccio automaticamente pensando ad altro. Questi attimi sono dei regali enormi: stati di grazia, di centratura, di “potere”, che in più di un’occasione mi hanno anche portato a sperimentare indescrivibili esperienze spirituali.

Grazie al Focusing sto imparando a sviluppare ciò che la Mindfulness e il lavoro sui bisogni mi hanno insegnato. Provo una sensazione indefinita, sto con essa, ascolto il mio corpo, la mente interviene non per pensare e interpretare, bensì per intuire e visualizzare senza intenzione. Quindi accetto qualsiasi cosa appaia e l’osservatore che è in me vi entra poi in contatto, ascoltandola e accogliendola amorevolmente. Non sempre queste parti vogliono essere avvicinate e sto così imparando a non avere fretta e a rispettare i loro tempi.

Spesso compaiono altre parti che urlano alle prime “devi devi devi” e allora mi occupo anche di loro, chiedendo quali siano i bisogni che le spingono a volere che tutto sia sempre svolto in tempi rapidi e secondo le loro modalità. La pratica di focusing mi sta anche insegnando ad avvertire la differenza “energetica” tra l’interpretare e il lasciar affiorare, tra il contrastare e l’accettare, tra lo sforzarsi e l’affidarsi.

E poi, ovviamente, tutte le visualizzazioni, il lavoro sui conflitti, sugli specchi esseni, sul perdono, sulle ombre……sono tutti argomenti molto interessanti , ma la cosa veramente rilevante è che tutto ci viene fatto sperimentare sulla nostra pelle (o meglio, nel nostro cuore) e tutto questo intanto lavora dentro di me e mi fa divenire sempre più consapevole di me stessa e fa sì che la parte di luce prenda sempre più spazio rispetto alle ombre.

Purtroppo ci ricado continuamente, ma ho ormai preso consapevolezza di come in realtà tutte le ferite egoiche infantili e le conseguenti sofferenze, pretese e reazioni “non siano reali”, non perché non è vero che non siamo magari stati “nutriti” a dovere, ma nel senso che io credo che la nostra vera natura sia fatta di luce, però continuiamo ad identificarci con le ombre, perché l’ego, che serve per strutturarci nel mondo materiale e sociale, è però generato dalla mente e purtroppo poi prende il sopravvento.

Ecco, grazie alla Mindfulness e al Focusing, sto notando quanto sia importante disidentificarmi da quelle parti, proprio perché sono interpretazioni della mente che si fissa e continua a riproporle (il diavolo = colui che divide, il calunniatore, ma anche satana = l’avversario, colui che ci permette di evolvere proprio grazie al confronto). Tutte queste piccole conquiste mi stanno aiutando a conoscermi meglio, a superare più velocemente situazioni spiacevoli, ad essere più serena, ad accettare parti di me poco gradevoli e di conseguenza a stare meglio in relazione anche con gli altri, perché se sono amorevole con me, lo sarò anche verso le altre persone (“Ama il prossimo tuo come te stesso”).

Debora

Ringraziamo Debora per la testimonianza della sua esperienza di formazione nel corso di Core Counseling. Auspichiamo ti sia di ispirazione.





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